Panoramica
1 Giugno 2020
UNA DELLE PRIME CASE DA GIOCO IN EUROPA, AL “PALAGIO”, AFFITTATO DAL COMUNE.
La Toscana ha visto battersi per molti anni Montecatini Terme, Bagni di Lucca e Viareggio per farsi autorizzare l’apertura di un “Casinò” accanto alle tradizionali (Campione, Sanremo, Saint Vincent e Venezia, più una parentesi di quasi due anni, negli anni Sessanta, anche a Taormina).
Una delle motivazioni per la richiesta al Governo era la esistenza di precedenti storici (Montecatini Terme, inizio Novecento; Viareggio 1834; Bagni di Lucca 1839, in questo caso con lavori preparatori di qualche anno prima e addirittura – si legge – con possibilità di risalire ad iniziative di gioco benefico, introdotte da Matilde di Canossa, presso le Terme).
Tentativi fino a ora senza successo. Nel frattempo i Casinò del Nord Italia sembrano essere finiti in crisi finanziaria (ancor prima del Coronavirus) e abbiamo visto, contemporaneamente, uno sviluppo smodato dei giochi diciamo di prossimità, in migliaia e migliaia di bar e tabaccherie, con anche relativi problemi di ludopatia.
Scorrendo antichi testi mi imbatto in una notizia che ignoravo: Pescia aveva avuto sul finire del Settecento, esattamente dal 1782, un ” Casinò”, una “casa da giuoco e divertimento “gestito da un’Accademia, in locali ufficialmente affittati dal Comune (al “Palagio” o ex Palazzo del Podestà) e quindi presumibilmente dotato delle superiori autorizzazioni da parte del Granduca Pietro Leopoldo (Primo).
La cosa è citata con molti particolari in due libri: Il “Dizionario geografico fisico storico della Toscana” del Repetti (1833) e la “Storia di Pescia nella vita privata“, di Carlo Stiavelli (1903). L’Accademia, che aveva realizzato uno dei Casinò più antichi d’Europa, era denominata “Accademia del Nobile Casinò”, come scrivevano Enrico Coturri e Michele Cecchi, compilando una scheda del “Palagio” nel 1967.
Quanto durò il “Casinò”, sinceramente non lo so. Coturri e Cecchi scrivevano che dalla fine dell’Ottocento il “Palagio” (non più sede del “Casinò”) ospitava l’Asilo “Regina Margherita”.
La casa da gioco era prevalentemente riservata ai nobili della città, con qualche eccezione per personaggi cittadini di rilievo (anche se non nobili) ma “non vi erano ammesse quelle famiglie che, pur godendo per la maggiore gli onori della città, esercitassero arti meccaniche”. C’era un limite orario (d’estate le due di notte) “e non si poteva giocare nei venerdì di marzo, nella settimana Santa, nel giorno di Pasqua di Resurrezione, nella vigilia e giorno di Natale”.
Era “vietato giuocare sulla parola”, ci volevano soldi sonanti e ballanti (o l’acquisto di fiches?). Era chiamato anche “Casinò dei Cheti” avendo accolto alcuni reduci della scomparsa, omonima Accademia che, scrive il Repetti nel 1833, “..convertì il suo locale in un casinò per la nobiltà.”
La nascita del Casinò al “Palagio”, con la “Fabrica presa a livello” dal Comune è citata anche da P.O. Baldasseroni nella sua “Historia di Pescia” del 1784.
Rimane da chiedersi come Pescia, potendo vantare una “Casa da giuoco” riconosciuta ufficialmente dal 1782, non si sia inserita a suo tempo nella “corsa” all’apertura di un nuovo “Casinò” e la memoria sia rimasta nei polverosi libri che ho sopra citato.
La memoria della settecentesca “Casa da giuoco” di Pescia non era necessariamente negativa per gli interessi della vicina Montecatini Terme. La Valdinievole unita avrebbe potuto rappresentare una candidatura più forte, proponendo magari il recupero e l’utilizzo di un edificio importante, come per esempio la Villa di Bellavista a Borgo a Buggiano.
Riproduco, in particolare, la copertina del libro di Carlo Stiavelli del 1903 e le sue frasi principali che accennano al “Casinò” accanto a due foto del “Palagio” (oggi ospitante la Gipsoteca “Libero Andreotti).
Testo italiano e foto di Paolo Landi.
English version below
English version (summary)
PHOTO-NEWS 46: the lost memory of a “casino” authorized in 1782 in Pescia.
Tuscany has seen Montecatini Terme, Bagni di Lucca and Viareggio fight for many years to be authorized to open a “Casino” alongside the traditional ones (Campione, Sanremo, Saint Vincent and Venice, plus a parenthesis of almost two years, over the years Sixty, also in Taormina).
One of the reasons for the request to the government was the existence of historical precedents; attempts so far unsuccessful.
Pescia had had at the end of the eighteenth century, exactly from 1782, a “Casino”, a “play and funhouse” managed by an Academy, in premises officially rented by the Municipality (in the building called Palagio, “Palazzo del Podestà”).
How long the “Casino” lasted, we honestly don’t know.
The gambling house was mainly reserved for the nobles of the city.
It remains to be asked how Pescia, being able to boast of a “gambling house” officially recognized since 1782, did not fit into the “race” at the opening of a new “casino” and the memory remained in the dusty history books (see pictures).
Translation by the editorial staff
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